In un isola chiamata Man, è iniziata la danza dei piloti più leggendari del Motorsport. Molti non ne conoscono neppure i nomi, neppure gesta. Molti li accostano a folli, ne minimizzano capacità, “ non è andare forte, è essere pazzi, andarsela a cercare”. Mi lasciassi influenzare dall’imperante superficialità che soffoca ogni analisi potrei cedere a queste critiche, purtroppo le morti sono tristemente documentate a Man, sono tantissime, centinaia, ma allora perché non aggiungermi al coro. Semplice, perché sono un motociclista. Scendo nel box, accendo la mia passione e mi diverto nel mondo reale, la strada. Ostacoli, mura, marciapiedi, alberi, case, io la mia moto, il mondo. Normale che io mi debba riconoscere in questo vivere la moto nella sua più cruda realtà. Esposti nella realtà, ecco il Tourist Trophy è questo: REALTA’. Io non corro in strada, quei piloti si, estremizzando ogni dinamica di guida nello scenario più incredibile che si possa immaginare, un’isola che viene percorsa ad una velocità media tale  da decretarne primato assoluto. Ancora una volta odo chiacchericcio spiccio “ ma loro non piegano come i piloti in pista, non staccano come…”, ed io lì ad interrogarmi sul perché ci si debba esprimere così. Il più titolato di questa disciplina, Joy Dunlop, disse “AL TT NON CONTA SAPERE DOVE TENERE APERTO IL GAS, MA DOVE DEVI CHIUDERLO”. Già, sembrerebbe una raccomandazione di un nonno premuroso da rivolgere al proprio nipote spericolato, ma in realtà se questa disciplina fosse conosciuta a fondo, nell’intimo del più passionale interesse, suona come una massima votata alla vita.

Questa gara merita questo romanticismo scritto in queste mie poche righe, non scriverò nomi, non scriverò record, mi limiterò ad un melting pot di sensazioni per creare nel mio piccolo quell’interesse e rispetto verso uomini che non sfidano uomini, piuttosto uomini che sfidano il Mountain, se stessi, il tempo. Questa è il loro obiettivo, questa è la loro condanna a vita. Molti di questi piloti si offenderebbero se fossero  etichettati  pazzi, non lo sono, loro piuttosto ridefiniscono il concetto del calcolo del rischio. Loro non saranno mai sanzionati con un long lap penalty, non hanno margini verdi sui quali avvantaggiarsi, loro hanno un solo limite da non superare, la vita. No, non sono un fanatico, loro sono la massima espressione che il motociclismo possa offrire al suo pubblico di appassionati, ma come ogni complessità richiede maturità per la sua comprensione. Al TT bisogna ricordarsi di non saltare troppo in alto con la propria moto, perché la ricaduta potrebbe provocare una perdita di pressione agli pneumatici, al TT bisogna allenare la vista ai cambi di luce, già, bisogna osservare il cielo perché la montagna potrebbe aggiungere al rischio la beffa di una pioggia improvvisa che bagna tutto d’un tratto una curva mentre come un fulmine affrontavi poco prima un tratto asciutto, al TT i piloti conoscono la posizione dei pozzetti, i loro riferimenti sono la natura, al TT non puoi correre se non prima formato ad essere leggenda.

Il TT è tutto questo e molto di più. I suoi eroi sono piloti dalle storie commoventi, dure, raccontano un mondo, c’è chi appena ripresosi da una malattia invalidante e vigliacca come sa essere un tumore risale appena può in sella e corre sull’isola meravigliando persino il mare che la circonda. Perché al TT lui si sente vivo. Corre da protagonista l’ultimo rappresentante di una famiglia leggendaria, dove tutti hanno pagato con la vita quel loro vivere la vita, avete idea di cosa significhi, correre ancor oggi da protagonista dopo che tuo padre, tuo fratello, tuo zio, il RE della montagna non ci sono più, e tu lì che sfidi te stesso e vinci. No, non vi svelerò nomi, io devo solo incuriosire e sperare che queste parole generino rispetto per questi ultimi eroi. Nella vita spesso scegliamo strade più miti, a queste scelte regaliamo giustificazioni per credere di essere più bravi nel fare qualcosa. No, non vanno così le cose. Nel mondo ci sono ancora uomini che decidono di essere oltre e di fare altro. A loro il silenzio o il tifo. L’ isola di Man divide, per ovvi motivi, i media ne tacciano gesta, lo spirito di emulazione è in agguato, ci sta, le morti rattristano, tutti, ma il rispetto deve regnare sovrano. Vi lascio con un parallelismo che lessi in uno dei tanti libri letti su questa competizione, ve lo riporto, recitava più o meno così “ per avere idea di che differenza passi tra il Tourist Trophy e una gara di Motogp, dovete immaginare un equilibrista che cammina su un filo sospeso nel vuoto, corresse in Motogp avrebbe una rete pronta a rallentarne caduta, corresse al TT nessuna rete per lui.

Articolo a cura di Andrea Costanzo, uno dei nostri più grandi Appassionati Motociclisti!