MOTOGP | ALLA SCOPERTA DEL GP INDONESIA
Dopo i clamorosi colpi di scena che ci ha riservato il duplice appuntamento di Misano, la MotoGP lascia l’Europa per il primo di cinque appuntamenti consecutivi tra Asia e Australia, preludio al gran finale di Valencia.
La prima edizione del GP Indonesia andò in scena nel 1996 sulla pista di Sentul che era stata inaugurata tre anni prima. Anche nel 1997 la 125, la 250 e la 500 corsero su quel tracciato, ma il tris saltò a causa della crisi finanziaria asiatica.
L’Indonesia è tornata in calendario nel 2022 grazie al Mandalika International Street Circuit, uno dei 13 circuiti asiatici ad aver ospitato i Gran Premi del Mondiale: il più impiegato è Motegi, teatro di 69 gare, seguito da Sepang con 68 e Lusail con 65.
Finora nessun pilota è riuscito a concedere il bis a Mandalika e due dei precedenti vincitori – entrambi in Moto3 – non avranno la possibilità di provarci questo fine settimana.
Si tratta dei due alfieri dell’Italtrans Racing Team, costretti a saltare la trasferta per problemi fisici: a Dennis Foggia, impostosi nel 2022 con oltre due secondi e mezzo di vantaggio, è stato tolto lunedì il dente del giudizio e il conseguente drenaggio gli ha impedito di salire sull’aereo, mentre lo stesso giorno Diogo Moreira, vincitore l’anno scorso con un margine di un decimo su David Alonso, si è sottoposto ad un intervento chirurgico in Spagna per la rimozione dell’appendice.
Per il team bergamasco è la prima assenza da quando nel 2010 è nata la Moto2. Sarà invece presente l’idolo di casa Mario Aji, primo indonesiano a correre in pianta stabile nel Mondiale: dopo due stagioni in Moto3, quest’anno corre in Moto2, sempre con l’Honda Team Asia. Due anni fa, nel GP di casa riuscì a partire in prima fila, grazie al sorprendente terzo posto in qualifica.
Quell’anno in MotoGP vinse Miguel Oliveira con la KTM mentre Pecco Bagnaia concluse dal 15° posto, ma in quell’occasione si corse a metà marzo.
L’anno scorso invece si è gareggiato ad ottobre e la Ducati ha fatto tripletta nella Sprint, anche se con i team satellite: successo di Jorge Martin con Luca Marini d’argento e Marco Bezzecchi di bronzo.
Nella gara vera e propria invece è emerso Bagnaia, vincitore malgrado il 13° posto in griglia, davanti a Maverick Viñales e Fabio Quartararo.
Dopo aver mancato l’appuntamento con la centesima vittoria Ducati in MotoGP, Bagnaia vorrebbe regalare all’Italia il 900° successo in un GP. Oltre a vincere deve però sperare che nessun italiano riesca a fare lo stesso in Moto3 e in Moto2 perché il contatore dei successi dei piloti italiani è a quota 899: in Moto3 le probabilità sono ridotte al lumicino perché in 14 GP stagionali i piloti italiani hanno ottenuto un solo podio, con Luca Lunetta terzo ad Aragon, mentre nella classe intermedia il rischio è maggiore, essendosi Celestino Vietti Ramus aggiudicato due delle ultime quattro gare.
Invece Marc Marquez, che grazie al podio nel GP Emilia Romagna è diventato il terzo pilota con più punti di tutti i tempi, scavalcando Jorge Lorenzo, è ancora alla ricerca del primo punto a Mandalika. Nel 2022 fu vittima di un incidente nel warm-up e giudicato unfit per la gara. Nella Sprint dell’anno scorso lo spagnolo cadde al primo giro, alla curva 11 mentre il giorno dopo scivolò all’ottavo giro alla curva 13 quando occupava la decima posizione.
Secondo i tecnici Brembo che a partire dal 2016 lavorano a stretto contatto con tutti i piloti della MotoGP, il Pertamina Mandalika Circuit da 4,3 km di lunghezza rientra nella categoria dei circuiti mediamente impegnativi per i freni.
In una scala da 1 a 6 presenta un indice di difficoltà di 3 perché soltanto due delle sue nove frenate sono della categoria Hard, cinque sono Medium e le altre due sono Low. Ogni giro i freni vengono impiegati per 28 secondi, equivalenti al 31 per cento dell’intero GP.
La curva più dura del Pertamina Mandalika Circuit per l’impianto frenante è la numero 10 perché le MotoGP hanno preso velocità non essendosi avvalse dei freni alle curve 8 e 9: le MotoGP scendono da 275 km/h a 85 km/h in quattro secondi e mezzo in cui percorrono 208 metri grazie al carico di cinque kg sulla leva del freno.
La decelerazione è di 1,5 g e la pressione del liquido freno Brembo tocca i 10,8 bar.
Alla prima curva la diminuzione di velocità è ancora maggiore, ben 207 km/h da 305 km/h a 98 km/h, così come lo spazio di frenata, 261 metri. Tuttavia la decelerazione, il carico sulla leva del freno e la pressione del liquido freni sono leggermente inferiori rispetto alla curva 10.
Tutte le altre frenate invece comportano decelerazioni inferiori ai 100 km/h e ciò spiega perché non rientrano nella categoria Hard.
Dalla partenza alla bandiera a scacchi, nella gara domenicale, ciascun pilota esercita un carico sulla leva del freno di oltre nove quintali e mezzo.
L’Autore: Giovanni Cortinovis
Trafficante di velocità, coltivatore diretto di statistiche, allevatore di storie bestiali.
Si guadagna da vivere come giornalista dal 2002.
Segue, dal vivo, le road races dal 2005, quando andò per la prima volta all’Isola di Man.
Da allora ha assistito a innumerevoli edizioni di Tourist Trophy, North West 200, Ulster GP, Cookstown 100, Tandragee 100, Armoy Road Races, Olivers Mount Spring Cup, Bush, Killalane, Macao GP.
Una piccola parte di quanto ha visto e appreso su questo universo l’ha riversato nel libro “North West 200: La corsa più bella al mondo” in vendita su Amazon, dove ha raccolto una valanga di recensioni entusiastiche.