Prepariamoci a Phillip Island: la Moto di Stoner con Andrea Costanzo

Dovessi scrivere un articolo su Casey Stoner? Inizierei da un passaggio di Petrucci:

“ Le fasi della vita dovrebbero essere: nasci, cresci, vedi un giro di Stoner a Phillip Island, ti riproduci e poi muori”.

E da uno meno romantico di Shuhei Nakamoto (HRC):

Casey odiava il controllo di trazione. Quando lo toglievamo, l’accelerazione conseguita dal suo lavoro sulla manopola del gas era la migliore possibile secondo le leggi fisiche. Era un genio nessuno poteva copiarlo.”

Ora si posso iniziare a scrivere qualcosa, perché avere una minima idea di chi fosse Casey Stoner implica non solo cancellare l’infantile teoria dei grandi numeri, bensì entrare nell’ottica delle grandi gesta. Ci sono cose che sono nella capacità di molti, vincere per esempio con una moto con la quale tanti hanno vinto o hanno potuto esprimersi o di pochissimi come  vincere con mezzi con i quali tanti se non tutti hanno fallito. Allora comprendete che i numeri diventano noiose disquisizioni mentre il racconto di qualcosa di epico predominante.

Casey Stoner parte da lontano non certo dal suo esordio in Motogp, in 125 e 250 mostrava di essere già speciale, cadeva spesso, ma gli occhi attenti di un italiano Lucio Cecchinello seppero andare oltre. Una scommessa vinta, stravinta. Eccolo in Motogp, fa paura. Un tempo salire su una motogp non era una passeggiata, arrivavi dalla 250, e la motogp ti obbligava ad una comprensione tutta nuova, a partire dal passaggio dalla 2t alla 4t. Le potenze erano tremendamente distanti tra loro, e l’elettronica era meno sviluppata di ora. Ma qui non voglio scemare in quei fraseggi da ubriachi al bar tipo “ la mia elettronica è nel polso destro” per intenderci, buffe auto proclamazioni di chi Stoner non è! Per meno sviluppo intendo poi non solo elettronico, ma anche ciclistico, motoristico e aerodinamico. Stoner con Honda stupì. Con Ducati raggelò letteralmente il tifo monolitico riservato a Rossi. Per intenderci in quel 2007 seppe stupire il mondo e strappare passione che diventava sempre più rossa e non gialla.

Stoner passa in Ducati, Capirossi il suo compagno di squadra. Un leone delle piste per intenderci. La Ducati è quella di Preziosi, tutto nuovo per tutti, la motogp è 800.

Sintetizzo.

Capirossi viene eclissato dal Fenomeno. Stoner li batte tutti. Perché non mi dilungo molto con i numeri? Perché sono noiosi, preferisco emozionare non annoiare con un pallottoliere in mano.

Stoner Campione del Mondo su Ducati.

Unico a riuscirci, Ducati esordì nel 2003, lui seppe portare alla vittoria la creatura di Preziosi, grazie al suo talento unico. Dopo il 2007 continuò a vincere gran premi ma non potè ripetere l’impresa di vincere il titolo. Nonostante questo la sua classe era netta e ben definita in pista e nel suo box dove ogni suo compagno di squadra trovava innaturale tramonto. Capirossi, poi Melandri. Talenti che non seppero nemmeno avvicinarlo.

Passò poi in Honda e nel 2011 vinse con la Honda Motogp 1000, era dal 2006 che non accadeva. A riprova del fatto che puoi nascere un ottimo pilota o fenomeno.

Poi il ritiro, giovanissimo. Provato fisicamente da una patologia seria, e desideroso di trascorrere più tempo con la propria famiglia.

Su di lui la stampa nostrana, come è solito fare, non seppe rendergli tributo. Preferì denigrarlo, abbatterlo.

Allora sarò io qui a precisare due cosine.

Stoner ha vinto sulla Ducati di Preziosi, la Bestia non su quella di Dall’Igna la bella ( con ordini di squadra espliciti), Stoner vinse quando Ducati mandava in pensione più piloti che l’assistenza sociale! Per intenderci. Pecco è un grande, Stoner il Fenomeno.

Casey fu un Re assoluto.

A noi mortali solo un rammarico non averlo visto confrontarsi con l’unico capace di ricordarlo, Marc Marquez.

Spero di non avervi annoiato. Avrei potuto scrivere molto altro. Ma lo trovereste scritto ovunque. Ha scritto anche un libro. Io qui ho provato a rendere omaggio non ai numeri, ma al suo talento puro. Ci nasci. Fai cose che altri non fanno.

E’ impossibile copiarlo. Lo disse un giapponese. E i giapponesi non sono commedianti.

Grazie. “

– Andrea Costanzo